doula

La mia doula. 1984/1990

serenella fataLa mia doula

Ero incinta! Agitata, felice, appagata e con un seno, da non credere. Non avevo ancora la pancia e le mie “ bi-gigine” hanno cominciato a riempirsi di amore: gonfia, gonfia, gonfia, fino ad arrivare alla 6°, misura mai ipotizzata nella mia mente, ed ero appena di tre mesi. (si sono poi fermate li 🙂 )

La sensazione di gioia, appagamento e amore mi ha accompagnato fin dal primo momento, per tutte e due le mie gravidanze.

La mia prima gravidanza , nonostante la felicità, era accompagnata  da tante domande e insicurezze. Come se quello che mi aspettava nell’imminente futuro fosse nebuloso , con dei passaggi incerti, e questo mi creava disagio ed insicurezza. Chiudevo gli occhi e cercavo di immedesimarmi sul momento in cui mi sarebbero iniziati i dolori. Gli avrei riconosciuti? Come facevo a capire quando era il momento di andare all’ospedale? E poi, una volta entrata nella struttura ospedaliera, dove andavo? Chi avrei trovato? Dottori ? Ostetriche? E  in che giornata si erano svegliati? Avevano dormito? Avevano fatto l’amore la notte prima o erano reduci di stress o fatiche emozionali.  E poi: “Ohioi,  dove mi porteranno? Ci sarà nessuno che mi spiegherà  cosa succederà? ”Mi immaginavo  in una stanza piena di luci puntate su di me,  e io a gambe larghe che cercavo di capire cosa “smanettavano” intorno alla mia spaventatissima e sempre più chiusa Vulva. Si, questi erano i miei pensieri. Non sto a descrivere, le persone che incontravo, che condividevano, sensa che io chiedessi,  le loro esperienze terrificanti  del parto.

Un giorno,  quando ero al sesto mese di gravidanza, ho avuto una visita di controllo. Mi misero in una  stanza dell’ospedale. Ero sola, non mi ricordo proprio il perché della visita. L’infermiera mi disse di sdraiarmi sul lettino e di appoggiare le gambe su quei ganci freddi che accolgono con indifferenza la pelle tenera di tutte le donne. Il lettino era subito vicino alla porta, entrando sulla destra, e io ero esposta a  gambe spalancate e con  la mia “topina” che perplessa si affacciava sulla porta. Mi sistemai come aveva detto l’infermiera,  poi lei usci.  Io rimasi in quella posizione per qualche minuto, sentivo l’aria fresca fra le gambe, ero perplessa. Pensavo: “quando entrerà il dottore non mi vedrà neanche la faccia”.

Avrei avuto  bisogno di una persona vicina, di uno sguardo dolce che mi tranquillizzasse. Invece, solo il vociare nei corridoi. Ed io sempre più ritirata, ma “spalancata” su quel lettino.

Quando dopo circa 15 minuti entro il dottore, mi trovò seduta alla sua scrivania. Si meravigliò e chiese all’infermiera che era dietro di lui: ma come mai non l’hai fatta preparare? Io mi alzai, e le dissi: “non si preoccupi dottore, volevo solo presentarmi, io sono Silvia Bertolini. Lei come si chiama? Grazie dottore volevo guardarla negli occhi da seduta,  prima di sentirla frugare dentro di me. Lui sorrise mi strinse le mani e poi mi visitò..

Dopo questa visita realizzai di come era l’ ambiente all’ospedale, e la risposta che detti ai miei dubbi, era che non potevo accontentarmi di quello che avrei trovato, non potevo sperare nella fortuna che mi facesse trovare ostetriche serene, sorridenti, pronte a spiegarmi tutto quello che stava accadendo. Che coinvolgessero Riccardo, che ci spiegassero. No, non ero cosi ottimista.

La mia sensazione di dover cercare una persona che potesse darmi tranquillità, che mi sostenesse nel momento del travaglio, che  rispondesse alle mie domande, con dolcezza e comprensione, prese consapevolezza.

La fortuna mi aiutò.

Un giorno mentre ero a fare la spesa, parlando con Loriana, la signora dell’alimentari di Antignano, ed ora che ci ripenso, e la rivedo,  bellissima donna solare, sempre sorridente e accogliente, mi rendo conto che  era una doula anche lei. Le parlai delle mie paure, e le chiesi un consiglio. Mi ricordo sempre le sue parole: “ Hai ragione Silvia, fai bene, devi vivere questo momento in piena consapevolezza. Qui vicino abita Grazia, è un ostetrica bravissima, e soprattutto ama il suo lavoro e ascolta sempre le donne. Grazia Adorni, ostetrica storica dell’ospedale Livorno.”

Grazia abitava ad Antignano, vicino alla stazione,  a circa 300m dalla mitica Alimentari di Amelio e Loriana.

Loriana chiese a Grazia se poteva andarle bene seguirmi e cosi mi fece avere  il suo numero di telefono.

La chiamai e lei venne a trovarmi a casa. Era Maggio del 1984. Quando la vidi per la prima volta, sono rimasta a bocca aperta ..perchè secondo me nessuna persona al mondo avrebbe potuto fare, quello che chiedevo e di cui avevo bisogno io, era uguale ad una fata delle tre fate (Flora, Fauna e Serenella) della bella addormentata nel bosco. Serenella quella vestita di blu.

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Si presentò a casa mia con una piantina di pratoline. Mi avvolse nella sua magia, nella sua dolcezza, aveva tutto, tutto quello che io cercavo.

Si parlò, le spiegai quello che desideravo, e cioè una persona che mi stesse vicino, che mi tranquillizzasse, e che mi dicesse quando era il momento giusto per andare all’ospedale. Avevo bisogno di una donna dolce, ottimista, allegra, di uno sguardo che mi rassicurasse. Nella mia mente mi immaginavo il travaglio in una stanza dell’ospedale, messa su un letto con accanto Riccardo in preda allo sgomento per non sapere che cosa stava succedendo. Io che avrei voluto controllare ma non ne avevo la forza. Vedevo solo gesti scontati, per loro, e per me inspiegabili. Mi vedevo sdraiata su un lettino, con qualcuno che ogni tanto veniva ad affacciarsi fra le mie gambe. Si affacciava e controllava, cercava di aprirmi senza spiegazioni. No, non volevo questo.

Grazia, veniva a casa mia una volta alla settimana, ci coccolavamo, mi spiegava quello che mi stava succedendo. Mi parlava del bambino, a che punto era la sua crescita, i nomi che pensavamo di offrirle. Mi dava tanto amore e tranquillità..

Era proprio quello che cercavo..ma non sapevo che si chiamasse “doula”.

Sabato 7 Luglio andai in ambulatorio dal Alfredo Pardini il mio ginecologo per una visita di controllo, Una persona stupenda. Mi tranquillizzava sempre. Visite delicate e rispettose. Mi visitò, mi disse che avevo” pernio ad un dito”. Che potevo partorire il giorno dopo ma anche dopo una settimana. Dopo quella visita mi iniziò un pò di mal di pancia, niente di che, tipo mestruazione, piccoli strizzoni. Chiamai Grazia e mi disse che era bene.. mi stavo preparando piano piano, di andare in giro e non pensarci.

Andammo a fare una girata in città poi si rientrò a casa..

La sera i dolorini mi passarono e dormii tutta la notte tranquilla.

La giornata del 8 era una giornata molto triste, era il primo anniversario della morte di Giampietro, marito della mia mamma, primario del reparto di oculistica a Livorno.

Io stavo bene e cosi decidemmo di andare alla messa che celebravano in suo onore alla chiesa dell’ospedale. Stetti tutto il tempo della funzione, con qualche dolorino e piccole contrazione ma niente di che . Mi ricordo che mi venne incontro il prof Meucci, il nuovo primario del reparto di oculistica, amico di Giampietro e mi disse… Tutto bene? Quando finisce il tempo? Domani..? E ridendo mi disse : io fossi in lei rimarrei qui!

Invece si andò a casa. Il pomeriggio verso le 5 si andò a fare una girata a Castiglioncello, poi mentre si rientrava ci si fermò a cena a Quercianella . Dopo,  passaggio in piazza Roma a mangiare il cocomero dal “Cocomeraio”.  Poi a casa. Questa uggia mestruale aveva ripreso dal pomeriggio ma sopportabile. Si rientra in casa che era quasi mezzanotte, tranquilli, vado in bagno a fare la pipì, e sulla carta igienica vedo una striscia gelatinosa rigata di sangue, il tanto descritto “tappo di mucosa”. Che emozione ! Ho pensato, “ci siamo!” Vado da Riccardo e lo aggiorno. Ed ecco un fenomeno stranissimo sul suo viso, i suoi occhi si sono trasformati in due enorme palle, non ha più sbattuto le ciglia. Chiamo subito Grazia, mi fa spiegare tutto e poi mi dice con la sua voce calma: “stai tranquilla, fai quello che ti dice il tuo corpo, se stai bene vai a letto, riposati più che puoi”. E cosi feci. Mi addormentai, poi verso le due mi svegliai con le contrazioni che si ripetevano ogni 10 minuti per 1 ora, poi ogni 5 minuti per 20 minuti, poi niente, silenzio, pace,  e allora di nuovo a letto. La mattina alle 9 arrivò Grazia, mi visitò e mi disse che andava tutto bene di stare tranquilla più che potevo. Tornò alle 11, le contrazioni erano vicine e forti, se fossi stata sola sarei andata all’ospedale già da diverse ore, invece avere lei vicino che mi ripeteva che ero molto brava, che andava tutto bene mi dava la forza di lasciarmi andare, di giocare con mio marito, di prenderlo in giro per i suoi enormi occhi a palla e di ridere ridere ridere: “ dai Silvia, fai la persona seria, smetti di ridere, stiamo per avere un bambino!”  Ma io ogni volta che lo guardavo e vedevo quegli occhi enormi non potevo fare a meno di ridere. E così andammo avanti, fra una contrazione e una risata.

Alle 12 e 30, Grazia disse:” Bimbi, bisogna darci una smossa, sennò te qui non partorisci più, sei troppo tranquilla, non fai altro che ridere! Forza! Andiamo all’ospedale!”

Io improvvisamente mi bloccai e realizzai. Ero così tranquilla! Che paura mi prese! Mi feci seria e mio malgrado uscii nel torrido caldo di Luglio per andare all’ospedale, mi immagino che terrore se non avessi avuto Grazia al mio fianco.

Grazia mi è stata sempre vicino, in macchina, durante il breve travaglio all’ospedale, e in sala parto ha accolto la mia bambina alla vita, e con gioia ha urlato: “E’ una femmina!”

Grazia è  stata la nostra compagna, la nostra luce, la nostra certezza. Oggi posso dire, con immensa gratitudine, che è stata la nostra doula.

Grazia, vorrei tanto ritrovarti e sapere come stai, dove sei.

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